PDF
I Documenti
extra_toc

Siamo alla fine del 1969, la destra ha perso la presidenza dell'Assemblea di Facoltà, un gruppo di studio di Economia e Commercio si interroga su cosa accadrà agli studenti una volta laureati.
I piani di studi, la gerarchia tra esami, la metodologia didattica basata sull'assorbimento di nozioni, la durezza della selezione in alcune materie sono giustificati dalla necessità di "preparare" lo studente.

Ma "prepararlo" a far cosa?

Come mai l'85% delle studentesse, dopo la laurea, troverà lavoro solo nell'ambito dell'insegnamento? Come mai ben pochi figli di lavoratori dipendenti eserciteranno la libera professione? Come mai ci si troverà in Banca a fare lavori esecutivi e ripetitivi? Come mai, con tutto l'impegno profuso nello studio, ci si troverà impreparati una volta inseriti nel mondo del lavoro? Perché non si incoraggiano gli studenti-lavoratori ponendo in atto specifiche politiche che li facilitino nel percorso? Perché si mortifica lo spirito di ricerca con una didattica puramente frontale?

L'attuale organizzazione universitaria non ha adeguate giustificazioni. E' basata sull'ideologia, non sulla concreta realtà.
"Il  Re è nudo" ricordava una rivista degli anni '70: dobbiamo falsificare l'organizzazione dell'Università e ricostruirla sulla base di nuove premesse. E le premesse devono partire dalla parità della condizione di partenza degli studenti, ora fortemente differenziata sul piano sociale e territoriale: case dello studente, piani di studio più liberi, una didattica di ricerca e seminariale, il rapporto con il mondo del lavoro, parità di genere... Questi anni dopo il '68 vogliono rifondare un'Università non autoritaria, ma autorevole, aperta.

Di questo si occupa la "Relazione sul ruolo sociale del laureato in Economia e Commercio" allegata e riportata in chiaro nel seguito dell'articolo.

RELAZIONE SUL RUOLO SOCIALE DEL LAUREATO IN ECONOMIA E COMMERCIO

  1. Selezione durante gli studi
  2. Selezione dopo gli studi
  3. Genericità degli studi
  4. Situazione dopo la laurea
  5. Ideologia della carriera

RELAZIONE SUL RUOLO SOCIALE DEL LAUREATO IN ECONOMIA E COMMERCIO

1) Selezione durante gli studi

Nella facoltà di Economia e Commercio, che è una delle più affollate di tutta l'Università, c'è un enorme sfasamento fra numero di studenti iscritti al primo anno e quelli che riescono a laurearsi. E' chiaro che durante il corso degli studi, intervengono degli strumenti selettivi che riducono il numero degli studenti. La selezione maggiore viene attuata tra gli studenti-lavoratori, e ciò particolarmente nel pri­mo anno dì corso, che presenta le maggiori difficoltà a causa dell'esa­me di matematica generale, che svolge una vera e propria funzione selettiva. Infatti è assurdo che in una facoltà di Economia, per un anno o due, sì sia costretti a studiare quasi solo matematica, perché il programma e l'esame sono enormi rispetto agli altri; e poi a molti dì noi, la matematica dopo la laurea servirà poco o niente. Le difficoltà maggiori si presentano a quegli studenti che non riescono a frequentare le lezioni (il 60% dei quali per ragioni dì tempo, in quanto studenti-lavoratori, il 10% perché residenti fuori sede, il 30% per scarso interesse alle lezioni). Il problema degli studenti-lavoratori che provengono da famiglie non abbienti si presenta qui in tutta la sua gravità. Nella nostra Facoltà essi sono addirittura in maggioranza. Questi studenti possono studiare soltanto individualmente, dopo una giornata di lavoro sfibrante e si trovano natu­ralmente svantaggiati di fronte agli altri . Così, durante l'esame, sotto le spoglie di una selezione culturale e scientifica, si attua in realtà una selezione sociale. Solo pochi riescono a farcela, per essere di perpetuo esempio a tutti gli altri che non ce la faranno, perché continuino a credere che la scuola è uno strumento di promozione sociale.

2) Selezione dopo gli studi

Le diverse posizioni xxxxx professionali si dividono in ordine percentua­le:

MASCHI Impiegati nell'industria 25,2 %
  Pubblica amministrazione 18,1 %
  Banche e Assicurazioni 17,3 %
  Libera professione 12,3 %
  Insegnamento 10 %
     
FEMMINE Insegnamento  87,4 %

Le ragioni che inducono il neo-laureato a intraprendere un determinato ramo di attività sono molteplici e di non sempre facile determinazione. Comunque importante ci sembra analizzare le relazioni che esistono fra la posizione professionale del laureato in Economia e Commercio, e in posizione lavorativo-professionale del padre. In particolare è importante notare come la percentuale dei laureati che occupano posizioni professionali in prevalenza indipendenti, diminuiscano (a vantaggio di quelle dipendenti), se si passa da laureati figli di 1) "imprenditori o liberi professionisti" (52,5%), a figli di 2) "dirigenti o impiegati"(23,6%), a figli di 3) "lavoratori in proprio" (21,8%), a figli di 4) "lavoratori dipendenti"(10%). Il perché lo si può riscontrare soprattutto nel fatto che nel caso 1°, c'è un determinante appoggio dato dai padri ai figli, sia come conoscenze, sia come cessione di capitali necessari per iniziare l'attività in proprio. Negli altri casi, invece, poiché appartengono a classi di derivazione socio-economica non elevata, non possono ricevere grandi aiuti per intraprendere carriere indipendenti, e quindi si dedicano, nella maggior parte dei casi, al lavoro dipendente. A questo proposito ci sembra doveroso notare come anche dopo il compimento degli studi, si perpetui xx quella selezione sociale che era stata resa attiva durante il periodo degli studi all'interno dell'Università, per xx mezzo dei meccanismo esame-voto. Salvo il fatto che a questo punto (quello della scelta della professione), non si tratta di scartare chi non doveva raggiungere, i più alti gradi della cultura e della gerarchia sociale, ma di assegnare agli eletti che questi livelli hanno raggiunto, il compito che gli compete secondo la 'provenien­za dei padri'. Chi era figlio di dipendente nella maggior parte dei casi continua a dipendere, chi era destinato a dirigere, dirige.

Quanto abbiamo appena detto, è verificabile anche da un'analisi di diverso tipo, cioè la valutazione del rapporto che intercorre fra il conseguimento del titolo di scuola media superiore e la posizione professionale occupata dopo la laurea. Si riscontra che coloro che hanno funzioni dirigenti, provengono in ordine decrescente: dal liceo classico, dal liceo scientifico, da altri istituti (i provenienti dagli ultimi ingrossano le file del lavo­ro dipendente). Si può notare che la libera professione riceve più proseliti, fra coloro che hanno frequentato i licei, in considerazione soprattutto della più alta provenienza sociale, (onde tutte le facilitazioni di cui abbiamo parlato prima). I provenienti dalla ragioneria entrano in ge­nere nella pubblica amministrazione, banche e assicurazioni, mentre l'industria dipendente raccoglie quasi tutti i provenienti dagli istituti indu­striali, geometri, ecc., formando una particolare figura, quella del tecnico-economista.

3) Genericità degli studi

Le possibilità d'impiego che offre la laurea in Economia e Commercio, sono numerose; tutta a causa dell'eterogeneità e molteplicità delle discipline impartite, non resta allo studente il tempo per approfondire le proprie conoscenze nel ramo prescelto. Sicché, spesso, alle soglie della vita professionale non è in grado di dirigersi verso una carriera piuttosto che verso un'altra; né la scuola lo aiuta a fare delle scelte. Alla fine del suo corso di studi, egli possiede un patrimonio di nozioni disparate e una prepa­razione superficiale.

L'inserimento nel mondo del lavoro risulta così particolarmente difficile, sia perché è caratterizzato da lunghi tirocini dovuti allo sfasamento tra dinamica della professione e nozioni ricevute, sia perché l'Università non arriva a creare nel laureato le attitudini che lo pongano in grado di affrontare le attività professionali e pratiche, mancando l'educazione alla responsabilità del lavoro autonomo, dovuta alla sistematica morti­ficazione dello spirito di ricerca; alla quale concorrono gli esami obbligatori privi o quasi di interesse, l'impossibilità fino a oggi di un minimo di libertà nella scelta del piano di studio, la lezione cattedratica.

4) Situazione dopo la laurea

Analizziamo ora brevemente il ruolo di un laureato quando viene inserito nel mondo del lavoro. La maggior parte potrà svolgere mansioni puramente esecutive; vi è un'atomizzazione crescente del''attività, i cui contenuti vengono ridotti e resi ripetitivi, seguendo concetti di velocità di ese­cuzione dei compiti affidati e di capacità nel collocare milioni di timbri e visti al giorno. Il lavoro diventa dunque estraneo e alienante. Alla richiesta "Descriva dettagliatamente la natura del lavoro che lei svolge attualmente", un laureato, impiegato di banca, conclude: "Lavoro puerile; anche un computista potrebbe svolgerlo decentemente". Allora non si comprende perché si faccia apparire ai neo-laureati una verità che non esiste, facendo credere necessaria, per questo genere di lavoro, una pre­parazione universitaria. Anche coloro che ricopriranno incarichi con un certo potere decisionale non avranno sorte migliore, costretti all'interno di una piramide gerarchica estremamente burocratizzata, non solo avranno limitato il campo di lavoro, ma sarà loro interdetta la partecipazione al­le decisioni vitali di politica economica dell'azienda. Le persone sono così inserite in un microcosmo che non consente xxx loro di vedere l'insie­me.

5) Ideologia della carriera

Al di fuori del campo strettamente tecnico bisogna porre in luce la men­talità assolutamente negativa che acquista il laureato. E' un processo che inizia fin dalla scuola, non riguarda solo l'Università. Il neo-dottore accetta in pieno il mito dell'utilità e dell'efficienza; è dominato da quel la che possiamo definire l'ideologia della carriera. Tutto ciò porta alla frustrazione, alla tensione nervosa, alla svalorizzazione di altri terreni di realizzazione personale, come l'impegno socio-culturale e i rapporti familiari e interpersonali.


 RuoloSocLEconComm.pdf (0 kB)