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[Liani 1:18:48]

Il '68, ormai è chiaro anche dalle vostre esperienze, è stato un movimento, un momento di contestazione globale che ha riguardato qualsiasi potere costituito, in particolare il potere centrale, il rapporto col potere centrale nella riscoperta delle proprie identità culturali, cosa ben diversa, secondo Giorgio Cavallo, dal risveglio autonomistico degli anni sessanta, perché è una cosa diversa.

Rapporto territorio - potere centrale nella riscoperta delle proprie identità culturali

[Cavallo 1:19:26]

Prima Borghello ha tirato fuori una battuta, io nel '68 non era la prima volta che votavo, però votai ambiguamente un po' rosso un po' bianco, cioè votai PSIUP al Parlamento e Democrazia Cristiana alle elezioni regionali, che erano contemporanee, per conoscenza diretta. Voi capite che c’è un momento di passaggio, abbastanza interessante. Peraltro chiarisco, prima non l'ho detto, che nel '68 - '69 io combattevo la guerra fredda a fianco della NATO, ero ufficiale dell'aeronautica addetto al lancio di missili con testata nucleare, tanto per capire, e questo in qualche modo ebbe una certa influenza sulla mie posizioni politiche successive, perché quando capii che queste testate potevano arrivare non solo su Trieste, come ho detto una volta in Consiglio Regionale - tutto sommato non mi dispiaceva - ma anche sul Friuli… facendo arrabbiare i miei amici della lista per Trieste... Insomma mi pare che questo modo di difendersi buttando le testate nucleari su un territorio... non abbia un significato molto “interessante” per le popolazioni: quei poveri 100 mila dell'esercito che erano lì non lo sapevano che in realtà loro sarebbero finiti malamente, in caso di invasione dall'Est, diciamo “adeguatamente” organizzata...

Qui nasce in qualche modo, all'inizio degli anni settanta, una componente di pensiero in Friuli che non è più la tradizione autonomista del primo dopoguerra, quella del movimento autonomista friulano, quella che in qualche modo diede origine al Movimento Friuli, la battaglia per l'Università, la protesta dei preti eccetera: nasce da una scoperta, quella di identificare il Friuli come Nazione, quindi identificare le caratteristiche linguistiche, culturali, territoriali, come momento di “Nazione non riconosciuta”, e che quindi avrebbe dovuto lottare per i suoi obiettivi, come all'epoca si pensava per le altre nazioni. 

Qualcuno aveva come riferimento anche (...) quindi una Nazione deve avere uno Stato, una economia e così via...

Giorgio Cavallo, Ripensare la NazioneQuesto pensiero non nasce qui autonomamente: è un pensiero che gira nell'Europa, una delle componenti del pensiero del movimento del '68, che addirittura ho ritrovato ultimamente nei documenti della CUP catalana, l'estrema sinistra catalana, che secondo me fa delle analisi un po' datate; in qualche modo la lotta anticapitalista si fa attraverso una lotta “anticoloniale”, sulle colonie interne, e all'interno di queste colonie c'è la lotta di classe, tanto per schematizzare. Allora si scoperse questa novità. Alcuni, anche all'interno del movimento Friuli, furono portatori di questa [novità], da cui nacque il tentativo di riconoscere la lingua non come strumento culturale, eredità storica, discostando da quello che la Filologica aveva fatto nel periodo precedente, dal '19 in poi, [del Friuli] come "Piccola Patria", guardia di frontiera della Nazione Italiana, quindi per difendere dal pericolo jugoslavo e tedesco come compare nell'inno, ma come necessità di ricostruirsi, così come in Irlanda, così come nei Paesi Baschi, così come in Corsica e in altre realtà dell'Europa. Questo filone, che non è mai stato riconosciuto fortemente, ma si chiama “nazionalitario” , in qualche modo è stato molto presente in quel periodo, e ha prodotto un dibattito interessante, nel senso che alcune di queste realtà europee di cui parlavo, in genere poi svilupparono la lotta armata, per riconoscere la loro Nazione. E’ chiaro che la lotta armata nacque nei Paesi Baschi sotto Franco, aveva il suo significato, nell'Irlanda la supremazia dei protestanti in Irlanda del Nord determinò quelle situazioni di conflitto e di mortalità di cui parlava poco fa Donato.

Qui invece fu un ragionamento che prevalse, in particolare soprattutto dopo il '76, con il lavoro svolto da associazioni o movimenti culturali come “Glesie Furlane”, quindi con un forte radicamento nella Chiesa Cattolica, il ragionamento fu "Bisogna trovare all'interno della democrazia, della Repubblica Italiana, all'interno della Costituzione, gli strumenti per avere il riconoscimento di questo tipo di realtà, che vuole dire riconoscimenti linguistici, ma anche riconoscimenti istituzionali, come la “Regione Friuli”. Ecco, questa è un po’ una roba poco conosciuta, diversa da quelle che poi furono anche forme di autonomismo, che si svilupparono in quegli anni, e che comunque erano vicine e parallele, e chiedevano evidentemente più poteri di governo sul territorio, più soldi. Questo discorso fu molto vissuto nel periodo successivo al terremoto, in quelli che furono un po' i momenti di autorganizzazione, prima delle tendopoli e poi dei paesi terremotati, ma direi che è un filone particolare che in qualche modo torna molto di attualità oggi - questo è in parte il mio pensiero - nel momento in cui c'è la crisi dello Stato-Nazione, la crisi di tutti gli Stati-Nazione, e quindi un processo di trasformazione, di cui non sappiamo bene quale sarà il futuro.

Quindi noi, diciamo, abbiamo avuto una storia “gloriosa”, la chiamo così, nella prima Repubblica, fino al '93, e un po' meno gloriosa dal '93 al 2018, e con il 2018, oggi, abbiamo una maggioranza, una esistenza politica che non c'entra più nulla con i costituenti: si tratta di forze politiche e modo di pensare e organizzare il termine di confronto politico in maniera completamente diversa, e, cosa ancora altrettanto interessante, non c'è più una maggioranza sicuramente a favore della NATO.

[Liani 1:26:19]

Dorigo, partendo proprio dall'ultima riflessione fatta nel primo intervento, il terrorismo,

Il terrorismo

[Dorigo 1:26:29]

Sì, ma prima un chiarimento, una nota. Io prima ho detto che mi rendevo conto perfettamente di quelli che allo Stellini erano figli di operai, e a loro do il massimo del rispetto, anzi… dopo di che restava il fatto che quella scuola era la scuola dell'élite, insomma della futura classe dirigente e le élite a noi stavano tutte quante sapete dove... ([Liani]sull'anima) ecco, sull'anima.

Altra questione, io mi rendo conto per primo che adesso, rispetto allo Statuto dei lavoratori, all'articolo 18 siamo tornati indietro: cerchiamo di non arretrare troppo e l'impegno del sindacato in questo momento è tutto lì.

Dopo di che il terrorismo, la violenza, va beh, io sono uno di quelli che andava a buttar giù portoni, nelle fabbriche, quando non volevano farci entrare pur essendo in vigore lo Statuto dei diritti dei lavoratori, e questo succedeva in Friuli: legge dello Stato che non veniva riconosciuta da tanti piccoli imprenditori friulani. Quindi sì, la violenza c'era, anche l'avvocato Adriano Virgilio lavorava per noi, H-24 con Businello, per venirci a prendere qua e là, nella caserma dei carabinieri, perché fummo processati, fummo assolti. Quindi sì, c'era un clima anche, insomma, di tensione; quanto questo clima poi abbia prodotto 'terrorismo' io non lo so, probabilmente ha ragione Donato che ci sta facendo uno studio sopra, però va bene, saranno le cifre che dice Donato, nude e crude a dare uno spaccato di realtà molto diverso da quello che viene presentato anche strumentalmente, ad arte, rispetto a quel periodo, però qui ce le ricordiamo tutte le vicende che ci furono, in quel periodo, relative alla presenza... beh, insomma Taliercio l'hanno ammazzato a Tarcento.

Io ero segretario della CGIL a Gemona, nell'immediato dopo terremoto, facevo le assemblee contro il terrorismo, e seduti in prima fila erano quelli di Gemona che facevano i postini per le Brigate Rosse. Nelle fabbriche, alla Bertoli ne avevo due, non faccio i nomi: baruffoni ogni giorno con loro perché non gli andava mai bene niente, poi salta fuori che li arrestano e sono brigatisti. Le vicende fuori dal manicomio, all'ospedale… adesso è inutile qui fare i nomi, li conosciamo tutti, ma la presenza c'era insomma. Qui, non... non parlo di "album di famiglia" però: tensione, scontro perché negarlo... Dopo di che... alcuni hanno percorso quella strada altri meno. Io non avrei mai ammazzato nessuno in vita mia, per Padrone che potesse essere, per dire, quindi non avrei mai preso una pistola in mano per fare del male a qualcun altro, in quel modo. Quindi in quel periodo io penso di ritrovare tutte queste tensioni, non le nego. Partiamo dal fatto di quando andammo dal Questore, dal Capo di gabinetto: eravamo noi più spaventati di tutti, primo perché pensavamo a una provocazione della polizia, quella era stata la prima roba, "adesso vengono a prenderci", io lavoravo ancora in fabbrica e quella notte non ho dormito "adesso mi arriva la camionetta", poi perché ci rendevamo conto che c'era una presenza che ci aveva “segnalato”, ci avevano presi di mira, ci *conoscevano*, e la cosa non era simpatica, tantomeno negli anni dopo, quando noi, per primi, fummo nella battaglia contro il terrorismo e contro il brigatismo. Le grandi manifestazioni operaie: il brigatismo prima che sul piano militare e Dalla Chiesa è stato battuto dai lavoratori, non è uno slogan. [Applausi]

Allora c'è tutto questo e anche di più, che vien fuori andando indietro con la memoria, ritornando a quegli anni. Adesso... eh, adesso... vedano i giovani quello che intendono fare loro, io non mi permetto di dare o non dare consigli, non do consigli, io ho vissuto quell'esperienza, quella esperienza si è conclusa, ha segnato l'esistenza mia e di tanti altri come me, ci ha portato a dare consapevolezza, la prima fra tutte: torno da dove ho cominciato... "fâs chel, fâs che l'altri...!", “Cemut!, io, operaio trasformo ogni giorno con le mie mani e la mia testa a materia, produco!” - Trentin ha scritto un librone "Da sfruttati a produttori" – “e devo subire, tacere, fare quello che mi dice, ma ti ribalti, no, senza di me il mondo non va avanti se c'è una classe in grado di trasformarlo, questo mondo, è proprio la classe operaia”, e allora Avanti Popolo!, da quel punto di vista lì. Ho finito.

[Liani 1:32:50]

Grazie. Ti do un motivo in più, ho fatto lo Stellini anch'io da studente, [Dorigo - si intuisce...] però non ho fatto parte della classe dirigente.

[Borghello 1:33:04]

Una battuta sullo Stellini, visto che dobbiamo difenderci! No, no, ma è una battuta in linea: quando anch'io lo frequentavo, si diceva che nello Stellini ci sono quelli delle vecchie classi dirigenti, tutte le classi dirigenti, figli di medici, notai eccetera, e poi ci sono i bravi.

[Liani 1:33:29]

Da studente a operaio, a sindacalista: alla fine ha vinto il sistema. Muradore?

Alla fine, ha vinto il Sistema?

[Muradore 1:33:30]

Tutto quello che hai studiato dentro qui non serve a niente, non importa un accidente cosa poi tu voglia fare il diritto più importante è catena di montaggio, modi e tempi di lavoro ogni giorno, ogni ora. Qui dentro non c'è tempo, non c'è spazio per la gente, qui si marcia con le macchine e non si parla di libertà. La tua libertà resta fuori dai cancelli... [G. Bertelli]Una domanda da niente: ha vinto il sistema? Mi verrebbe voglia di dire di sì, perché per quanto riguarda la condizione dei lavoratori nello specifico - veniva detto prima - le condizioni dei lavoratori non sono migliorate, negli ultimi anni. Assistiamo a forme di sfruttamento inedite, anche, vediamo lavoratori che girano in bicicletta a portare cibo in giro per famiglie, appunto, piccolo borghesi, che non si muovono e chiedono cibo in casa, vediamo nella logistica gente con bracciali che vanno a mettere a posto, le robe per gli scaffali, vediamo situazioni inedite, però di sfruttamento vero e proprio, con un controllo che è scientifico proprio, da laboratorio, altro che legge 300, vediamo stipendi più bassi. Vediamo, in definitiva, una roba che mi fa imbufalire: da anni la sinistra innanzitutto batte il chiodo sui diritti civili, giustamente, ma è dimentica dei diritti sociali. [Applausi]

Questo è un problema, è un problema. Il sistema avrebbe vinto a parer mio anche perché la storia poi la scrivono i vincitori, no, dicevi, siamo diventati vinti, no... Allora ha vinto il neoliberismo, in definitiva, non ci sono i lavoratori produttori, ma ci sono i consumatori che sono importanti, o no? Ci han ridotti a beoti consumatori, grosso modo. La Thatcher ha avuto purtroppo una ragione profetica, quando ho detto non c'è più la Società, ma ci sono individui, siamo monadi egoistiche, avide, stupide, singole, non riusciamo a fare più collettivo, c'è soltanto la dimensione individuale, siamo autosufficienti anche grazie le tecnologie che abbiamo in casa, e questo non aiuta la socializzazione e il collettivo.

C'è stata una mutazione antropologica, la più veloce nella storia dell'umanità, negli ultimi 30 anni: è stata indotta. E' un bel problema questo per il sindacato che vive e promuove una dimensione collettiva, ovviamente.

Il ritorno al passato... io non ho nostalgie, non le voglio chiaramente, ma credo che o ritorniamo a parlare di comunità, di società, di diritti sociali, oppure veramente siamo rovinati, perché ce ne siamo dimenticati. Operaio, per i figli di papà “operaio è bello” perché non sapevano che operaio era farsi un culo in fabbrica, “operaio è bello”: ecco adesso operaio non è nemmeno bello!, in termini ideologici, l'operaio non c'è più, non c'è più, nel senso che il lavoro, i lavoratori sono dimenticati. E' un problema, un problema serio, culturale, hanno vinto in termini culturali, hanno vinto. E' questo che mi fa paura, provocando un cambiamento "dentro", antropologico.

Però ritengo che comunque il '68 non vada né glorificato né santificato, perché facendo così viene "archiviato". Dobbiamo riprendere quelle inquietudini, dobbiamo riprendere quella voglia di cambiare il mondo, qualcuno diceva, e dobbiamo riprendercela quella roba là, perché altrimenti davvero le cose stanno peggiorando - e sono già peggiorate - in modo "verticale". Io credo che, che questo sia anche possibile, se le forze politiche di sinistra e se il Sindacato, invece di pensare ai soliti noti, pensa a quel nuovo proletariato che c'è, e che non rappresenta. 

"Ha vinto il Sistema", sì, secondo me, e chiudo, in sala è presente Andrea Valcic, che non ha partecipato a questa baraonda perché il candidato Sindaco di Udine, per cui non era corretto farlo partecipare, chiudo con la dedica molto tenera e dolce che ha fatto a mia sorella, ho iniziato con mia sorella e chiudo con mia sorella. Si sono conosciuti e ha fatto una dedica sul libro che Andrea ha fatto tanti anni fa, poi ho fatto anche una riedizione. Non è un'operazione nostalgia, è molto tenera e dolce, che quegli anni sono stati anni di piombo, sono stati anni anche di passione calda, di dolcezza, anni belli creativi: "A Sonia con rispetto per la copertina di plastica - perché si usava fare così ai libri - un odore di quaderni e cartelle anzi di elastici, e di scarpe di ginnastica. Gioventù, ideali. La ‘meglio gioventù’, direbbe Pasolini, non lo sappiamo, ma l'abbiamo vissuta tutta d'un fiato".

[Liani 1:39:03]

Bene. Elia Mioni, il rapporto con il territorio, considerato fondamentale, lo hai illustrato e spiegato molto bene prima, ma è vero, come dice qualcuno, che allora era più facile parlare del Vietnam che della condizione nelle fabbriche nel manzanese, ad esempio?

Era più facile parlare del Vietnam che della condizione nelle fabbriche?

[Mioni 1:39:24]

Mah, credo di sì, ma anche perché il ricordo che ho io è un ricordo, come dire, un po' diverso dalla lettura politica che altri hanno fatto, nel senso che, almeno per quanto mi riguarda, per tutto un periodo, il movimento degli studenti è stata una questione sostanzialmente urbana. Perché urbana? Perché le scuole erano nelle città, perché appunto c'erano alcune città che “dettavano la linea”, perché poi quello che avvenne dopo era fatto da gruppi extraparlamentari, di sinistra rivoluzionaria che dir si voglia, che in qualche maniera avevano una linea da applicare, e i punti massimi erano a Milano per un gruppo a Roma per un altro.

Però, al di là di questo, nel territorio, e lo si impatterà credo con il '76, con il terremoto, accadranno delle cose che confermano quello che dicevo all'inizio: parlavo di esperienze autogestite, di autogestione, di democrazia diretta. Ad amici e compagni di Gemona che sono qui, è il caso che il terremoto faccia venire in mente l'esperienza del coordinamento delle tendopoli e poi dei paesi terremotati, quindi una forma di politica dal basso. E’ stato scritto anche un libro, da un giovane studente dell'università di Udine, di Gemona, che credo dica molto da questo punto di vista, ho presente un libro di uno di CL che diceva "Ecco quelli di Avanguardia Operaia che a Gemona egemonizzano il movimento dei terremotati...": questo dava l'idea, di che cosa accadendo.

Vorrei prendere lo spunto da quello che diceva Gino poco fa, personalmente ho un'altra dimensione di quegli anni, nel senso che per me la questione del terrorismo, della violenza, ha avuto un rilievo tutto sommato diverso, forse per impatto personale, forse perché il ricordo è diverso, ma invito a cogliere l'occasione di leggere il libro "La violenza, la rivolta", mi è capitato di leggerlo per un'altra occasione: è una raccolta di documenti che a chi interessa può aiutare a ripercorrere quegli anni, anche a seconda delle sedie in cui erano seduti - Lotta Continua piuttosto che Avanguardia Operaia o quello che era - perché, coglie con i documenti dell'epoca, con le linee politiche dell'epoca un percorso che non era tutto sommato banale e che non per niente ha portato molti a continuare poi un'esperienza politica anche dopo quel biennio, e ha portato altri ad abbandonare.

Poi alla fine le cose non sono mai casuali, ci sono gli aspetti personali, ma ci sono anche gli elementi di cultura politica, che orientano su una scelta piuttosto che su un'altra.

Manifestazione dei terremotatiMi sembra che tutto sommato alla fine nessuno abbia rispettato il discorso del "'68, un anno", tutti abbiamo parlato di un periodo perché questo è nei fatti. Io credo che quel ceto politico, chiamiamolo così, quelle migliaia di militanti, quell'onda lunga di "combattenti per il socialismo", l'ultima leva, di cui parlavo all'inizio, ha saputo superare quella dimensione del "conflitto militare", ed è stata anche quella una battaglia politica.

Si parlava di Vietnam, gli slogan aiutano molto: "Vietnam vince perché spara", "L'imperialismo è una tigre di carta", il "Tradimento del '45", imputato al Partito Comunista, sono tutti elementi di lotta politica e culturale fra i rivoluzionari e i riformisti o revisionisti, che dir si voglia, a seconda dei gerghi dell'epoca, in cui alla fine era in discussione una dimensione dello scontro politico, un accettare una cornice - poteva essere Jalta o poteva essere altro - in cui poi però la Cina aveva un posto, la Russia un altro, gli Stati Uniti un altro ancora; tutto sommato un periodo molto diverso. Cito Cavallo: un periodo molto diverso da quello odierno in cui, se ho capito bene, l'unico Partito "atlantico" è di centrosinistra, in questo momento in Italia, e questo dà l'idea, del mondo che cambia.

Però - e chiudo - quella generazione politica ha fatto dei passi in avanti, anche sulla questione della violenza, perché poi, se non sbaglio, nei primi anni settanta, al tempo dei Pershing, dei Cruise, come dislocamento della risposta agli SS-20 sovietici, c'è stato un movimento pacifista che non era quello dei "Partigiani della Pace" degli anni cinquanta. La politica culturale ed era accompagnata da cose come la “Lega degli Obiettori di coscienza”, rispetto al problema dell'esercito di leva, e da [un discorso] sull'uso della violenza, come sull’uso dei “Corpi” per controllare la Società, discorso  interno ai PID. E’ appunto diventata “altro”: obiezione di coscienza, superamento dell'esercito di leva, non-violenza nei rapporti politici e sociali, che si è accompagnata se vogliamo al femminismo per un verso, se vogliamo ad altre cose per altro...

Quindi credo ancora in un lievito, una capacità di aggiornare - siamo anche nel duecentesimo della nascita di Marx - un pensiero socialista, che ha portato all'ambientalismo, al discorso sulle autonomie locali, al discorso di un Sindacato che superava le “storie” del novecento e puntava a un'unità che non ha più. Un percorso positivo che ha dato tutto quello che poteva dare, credo. [Applausi]

[Liani 1:46:23]

L'ultimo contributo... l'ultimo contributo a Gabriele Donato. Lo hanno sottolineato gli oratori che hanno parlato prima di Lei, parlando della strategia della tensione. Quanto inquinò, se inquinò, il '68, la strategia della tensione?

La strategia della tensione inquinò il '68?

[Donato 1:46:44]

Partiamo da una evidenza. Secondo alcuni la violenza avrebbe dovuto consentire a quella rivoluzione di trionfare, in realtà la violenza fu un vicolo cieco, contro il quale quella rivoluzione andò a sbattere, o contro il quale alcuni vollero che quella rivoluzione andasse a sbattere, ed è difficile capire effettivamente quanto quel che successe, in termini di violenza, fu il prodotto di quell'ondata di contestazioni o il prodotto di altri ragionamenti, fatti in altri ambienti, per orientare quell'ondata di mobilitazione, e difficile a distanza di decenni e, consentitemi di utilizzare le parole di un protagonista di quell'epoca, per evidenziare questa difficoltà.

Lo ha scritto Vincenzo Vinciguerra - non serve che io vi spieghi chi sia il personaggio in questione - "Nel gioco di specchi e molto difficile distinguere l'immagine riflessa da quella reale, la guerra politica dell'epoca è stata anche un gioco degli specchi. Quanti finti fascisti, quanti finti comunisti, quanti finti anarchici vi hanno preso parte?".

Queste sono domande che stanno ancora ad animare il dibattito fra i ricercatori e gli storici che si sforzano di fare luce su quelle vicende, e sono domande che scaturiscono da tutto quel che facciamo rientrare all'interno della cosiddetta "Strategia della tensione", che sicuramente ha avuto un'influenza nel corso di quegli anni, una strategia tensione che è stata animata ben prima di quel che è successo a Milano nel dicembre del '69.

Strage di Piazza Fontana a MilanoProprio a voler insistere sul '68 cito esclusivamente tre episodi, che però vi fanno intuire rapidissimamente quanto quella strategia fosse operativa da parecchio tempo prima, rispetto alla strage di Piazza Fontana. Sappiamo che agli scontri di Valle Giulia, all'inizio del marzo del 1968, parteciparono i fascisti di Avanguardia Nazionale, e la cosa ci mette ancora nelle condizioni di ragionare sull'influenza che ebbero in quelle ore, il manipolo di quei fascisti nel corso di quella giornata di scontri. Secondo episodio, alcune settimane più tardi a metà aprile, una cinquantina di neofascisti italiani va in viaggio nella Grecia dei colonnelli, grazie alla supervisione del dell'UAR, ufficio affari riservati del ministero degli interni, che collaborava con i servizi segreti della Grecia dei colonnelli. A metà di settembre di quell'anno nasce il Fronte Nazionale, del Principe Borghese, e anche questa operazione sta all'interno di ciò che tradizionalmente identifichiamo con la "strategia tensione", che è quindi operativa nel corso del 1968. Lo era già in precedenza, era stata discussa nelle sue linee fondamentali negli anni precedenti, a metà degli anni sessanta: nel 1965 si organizza in questo Paese un convegno, in cui per noi la parola i vertici dell'esercito, i vertici dei servizi segreti, giornalisti importanti, dirigenti del Movimento Sociale Italiano, per ragionare di quel che stava diventando, dal loro punto di vista, la guerra non ortodossa, scatenata dai comunisti per conquistare il potere, e per reagire a quella "guerra non ortodossa" gli attori della strategia della tensione mettono in campo tecniche di guerra che loro stessi definiscono "non convenzionali".

Immediatamente ci immaginiamo quei personaggi come i "cospiratori" che hanno pensato alle stragi che hanno insanguinato questo Pese, ma non ci furono solo le stragi, ci fu un'operazione di infiltrazione sistematica nei gruppi della sinistra rivoluzionaria, ci furono provocazioni sistematiche all'interno dei cortei, delle manifestazioni, manipolazioni di vario genere, operazioni condotte sotto "falsa bandiera" - si diceva all'epoca - depistaggi sistematici. Tutto questo ha funzionato all'epoca.

Lungi da me l'idea di proporvi un'interpretazione di quegli anni come qualche cosa di "orchestrato dall'alto" o da qualche posizione nascosta, da qualche abile cospiratore, ma certamente operazioni di questo genere furono messe in campo. Perché? Perché era necessario evidentemente suscitare un bisogno d'ordine era necessario suscitare un bisogno d'ordine, era necessario immobilizzare un Paese nella paura, era necessario generare il panico era necessario far crescere la percezione dell'insicurezza, per determinare una svolta politica di tipo autoritario.

Beh, quando ho sintetizzato queste espressioni per ragionare con voi di questi argomenti, mi sono venuti i brividi, perché è chiaro che parlare oggi di come si può suscitare il bisogno d'ordine facendo crescere la percezione dell'insicurezza in seno all'opinione pubblica, è qualche cosa che fa venire i brividi. [Applausi]

[Liani 1:52:19]

Grazie. Prego... 30 secondi

La lotta delle donne nel Commercio

[Morassi 1:52:19]

Allora come minoranza, nel senso che lo è, volevo dire che le lotte sindacali non sono state parte solo nella fabbrica di Dorigo, eh... No, perché qua si parla sempre e solo delle fabbriche, che hanno fatto le lotte. Io ho lavorato del commercio per quarant’anni e vi assicuro che alla Rinascente UPIM noi abbiamo fatto delle lotte, e non poche, perché eravamo nella situazione, come dicevano loro nelle fabbriche, di lavorare male, ma noi avevamo i controlli due volte al giorno, prima di uscire ci palpeggiavano per vedere se non avevamo rubato qualcosa, se qualcuna era bruttina veniva mandata via, c'era un tetto una bella piramide, dove noi non dovevamo travalicare i vari C2, C3, C4 eccetera, per cui ogni 20 giorni avevamo la pendenza sul capo che di poter esser licenziate senza motivo, ovviamente senza giusta causa, per non dire che se non gradivi le "avances" di qualcuno, te ne andavi o allargavi. Insomma, volevo dire che noi abbiamo partecipato come donne, mi dispiace che non siamo state invitate, perché, ragazzi, solo... maschietti. Scusatemi ma proprio mi stava sull'anima dire questo. Grazie.

[Liani]

Grazie!

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